Lo sciopero della fame e della sete di Fabrizio Corona non ha prodotto gli effetti sperati, il ricorso alla Cassazione del popolare fotografo contro l’aggravio della condanna è stato respinto. I dettagli
Lo sciopero della fame e della sete iniziato lo scorso 12 marzo da Fabrizio Corona, al fine di creare una pressione mediatica verso la Cassazione, non ha prodotto gli effetti sperati. Il ricorso presentato dal suo avvocato per non scontare ulteriori 9 mesi di condanna è stato respinto.
Da ieri sera quindi un nuovo guaio si abbatte sulla testa di Fabrizio Corona, alla condanna a tredici anni di carcere, quattro dei quali (tre con la condizionale) ancora da scontare, si sommano altri nove mesi. Nove mesi che il fotografo aveva scontato tra il febbraio e novembre 2018 in affidamento terapeutico.
Ma la situazione di dipendenza e di disagio psichiatrico nella quale è immerso l’ex marito di Nina Moric lo ha portato più volte a violare le regole dell’affidamento stesso e del carcere domiciliare.
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E’ accaduto così che il Tribunale di Milano ha disposto il ritorno di Corona in carcere e la cancellazione dei nove mesi di affidamento in Comunità che diventano così parte integrante della condanna. Di fatto un allungamento della pena. Contro questo provvedimento l’avvocato del fotografo aveva fatto ricorso alla Cassazione ma nella tarda serata di ieri sera è arrivata la sentenza. Il procedimento, avviato su richiesta del pg milanese Antonio Lamanna, è stato giudicato dalla Prima sezione penale della Suprema Corte.
Ricordiamo che ad oggi Fabrizio Corona, dopo il nuovo arresto, è ricoverato presso il reparto psichiatrico dell’Ospedale Niguarda di Milano ed è piantonato 24 ore su 24 per evitare che possa farsi del male.
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L’ultimo episodio della serie è stato quello di bucarsi le vene con una penna. In parallelo Corona ha iniziato lo sciopero della fame e della sete, sciopero che, come comunicato attraverso Instagram prosegue: “Sette. Come i giorni di astinenza dal cibo, dal mondo e dalla vita – ha scritto Corona ieri sera subito dopo la sentenza sul popolare social network – Sette giorni senza gli affetti, sette giorni senza il lavoro”. Sottolinenado come in questo periodo sia lontano dall’affetto del figlio, della madre “sospeso tra la vita e la morte”. Un rischio che si fa sempre più concreto e drammaticamente pericoloso.
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