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Covid, allarme in Africa: 600 milioni di africani senza assistenza

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Francesco Serra

La conferenza AHAIC2021, organizzata da Amref, ha evidenziato le gravi difficoltà del continente africano nel contrastare il Covid 19: è allarme in Africa, dove più di 600 milioni di africani non hanno assistenza.

CHINHOYI, ZIMBABWE – FEBRUARY 23: A vaccination team health worker administers the Sinopharm vaccine to a nurse at Chivhere Village Clinic in Zvimba Rural District on February 23, 2021 near Chinhoyi, Zimbabwe. The country is rolling out its vaccination plan to other regions, immunizing health workers, and other individuals on the Phase 1 Stage 1 of the country’s Covid-19 Vaccination roll out plan. (Photo by Tafadzwa Ufumeli/Getty Images)

La conferenza AHAIC2021 si concluderà domani, nel corso dei lavori è stato presentato il rapporto “State of UHC in Africa Report” per fare luce sulla situazione sanitaria in Africa grazie al lavoro svolto da una commissione interna all’Amref. La realtà sorta alla luce è che oltre 600 milioni di africani, residenti nel continente africano non godono di alcun diritto sull’assistenza sanitaria, soprattutto se parliamo di sanità qualitativamente alta. Certamente dopo un periodo di crescita, seppur a rilento di alcuni Paesi africani, oggi, a causa della pandemia la qualità della vita ha subito un calo molto preoccupante.  L’agenda di sviluppo 2030 dell’Onu sembra così essere in ritardo nel continente, tra gravi crisi sanitarie e la povertà sempre più incessante.

In Africa il numero dei tamponi effettuati è minimo e gli abitanti nel continente sono più di 1,216 miliardi, ecco come si spiega il fatto che il numero (sottostimato) dei contagi sia così “basso”. La pandemia nel continente si sta comunque espandendo e le bassissime dosi di vaccino rendono il lavoro degli operatori sanitari e volontari molto complicato, visto anche l’aumento delle altre malattie, come l’Hiv.

Allarme Covid in Africa: la prevenzione

“Abbiamo visto come le pandemie possono interrompere i servizi sanitari. Investire in una forza lavoro sanitaria competente e ampliare i partenariati è fondamentale per raggiungere l’UHC” ha detto il Il Direttore del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie, John Nkengasong. Una situazione che quindi prefigge la necessità di prevenire, in un continente dove le strutture sanitarie sono risicate e con pochi investimenti e strumentazione. Una speranza risiede però nel vaccino, anche se nella prima fase i Paesi ricchi si sono accaparrati già una buona parte dei vaccini.

“Il vaccino contro il coronavirus sta dando speranza a tutti noi. Finora, 14 milioni di dosi sono state consegnate a 19 Paesi in Africa, attraverso Covax. E altri riceveranno dosi la prossima settimana. È un buon inizio, ma c’è ancora molto lavoro da fare” ha detto il Direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus che continua affermando che: “Anche una volta che la pandemia sarà finita, gli sforzi dovranno continuare. Rimarranno problemi preesistenti. Non esiste un vaccino contro la povertà, la fame, la disuguaglianza, il cambiamento climatico, i matrimoni precoci. Il Covid-19 ha sottolineato la centralità della salute: quando la salute è a rischio, tutto è a rischio. Raggiungere la copertura sanitaria universale richiede investimenti in sistemi sanitari resilienti, in particolare in un’assistenza sanitaria primaria forte. Garantire una fornitura affidabile di medicinali sicuri, efficaci e di alta qualità in tutto il continente”. 

Molto probabilmente molti Paesi africani non riusciranno a vaccinare la popolazione per raggiungere l’immunità di gregge, non prima di tre anni, con questi ritmi e senza una mano realmente forte da parte dei Paesi più ricchi. Dell’idea dell’equa distribuzione è garante anche il direttore di Amref Health Africa-Italia, Guglielmo Micucci che ribadisce come in altre occasioni l’importanza della distribuzione dei vaccini “resta centrale il tema dei brevetti e dell’equa distribuzione, perché anche in questo caso è evidente come non ci si salva da soli ma solo guardando anche all’altro”.

Ora serve una spinta propulsiva da parte di tutti, affinché le risorse distribuite in modo equo possano garantire l’immunità, non solo nei Pesi più ricchi ma anche in quelli poveri e privi di grandi risorse finanziarie, stesso discorso che si confà alla situazione nei Paesi meno ricchi in America latina che ha portato alla “crisi dell’ossigeno”.

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