Esattamente un anno fa l’incubo del Covid-19 diventava realtà anche in Italia, costringendo il governo Conte a disporre il lockdown nazionale: ripercorriamo le tappe principali degli ultimi 12 mesi.
A un anno dal primo lockdown nazionale pensato dal governo Conte per contenere la pandemia, l’Italia ha ufficialmente superato i 100mila decessi per Covid-19. Dodici mesi dopo lo scoppio dell’emergenza sanitaria, il quadro della situazione epidemiologica continua a preoccupare: con le varianti del virus, i contagi in risalita e l’aumento dei posti occupati in terapia intensiva lo spettro di un lockdown generale torna ad aleggiare nel Paese.
Nelle scorse ore il presidente del Consiglio Mario Draghi ha ricordato la triste ricorrenza della prima chiusura totale: “Mai avremmo pensato che un anno dopo ci saremmo trovati a fronteggiare un’emergenza analoga – ha sottolineato – Dobbiamo al rispetto della memoria dei tanti cittadini che hanno perso la vita il dovere del nostro impegno”. A differenza di un anno fa, oggi possiamo però contare sui vaccini: la campagna di somministrazione è pronta a entrare nel vivo per consentire passo dopo passo a una graduale ripresa della vita pre-Covid.
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Dodici mesi fa nessun Paese al mondo era pronto allo scoppio di una pandemia. In troppi pensavano che il Covid-19 sarebbe rimasto dentro i confini cinesi, sottovalutando il pericolo: le immagini delle strade deserte di Wuhan non furono sufficienti a mettere in guardia l’Europa. Poi il virus iniziò a diffondersi, e l’Italia fu il primo Stato dell’Ue ad essere messo in ginocchio. Le bare trasportate dai mezzi dell’esercito a Bergamo resteranno un segno indelebile dell’emergenza sanitaria nel Paese.
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Il 9 marzo 2020 l’ormai ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte firmò il primo Dpcm disponendo, dopo lo scoppio dei focolai in Lombardia, un’unica zona rossa in tutta Italia. Due giorni dopo, l’11 marzo, il premier si presentò poi in diretta televisiva a reti unificate annunciando l’entrata in vigore del lockdown nazionale: scuole, negozi, ristoranti, bar, cinema, teatri, palestre e attività non essenziali chiusero i battenti e fu introdotto il modulo dell’autocertificazione per giustificare qualsiasi spostamento.
Lo smart working diventò una regola, l’uso della mascherina iniziò a divenire indispensabile per il contenimento dei contagi, e dai social ai balconi dei palazzi iniziò a diffondersi lo slogan “andrà tutto bene”, con la speranza di tornare in poco tempo a una vita normale. Jacopo Mastrangelo che suona con la sua chitarra le note di “C’era una volta in America” di Ennio Morricone davanti a una Piazza Navona deserta resterà uno dei simboli di quel periodo.
Con una serie di decreti, a causa dell’aumento dei contagi e del possibile collasso degli ospedali, la chiusura totale fu prorogata fino ad arrivare a una Pasqua in lockdown, passata dagli italiani nel segno del divieto di assembramenti. L’incremento dei contagi si fermò poi a primavera inoltrata: superato il picco, le strutture ospedaliere iniziarono a svuotarsi. Il 26 aprile arrivò così l’annuncio del nuovo Dpcm di Conte che stabiliva per il 4 maggio una riapertura graduale delle attività, mantenendo il divieto di assembramenti e l’obbligo della mascherina. Fu l’inizio della Fase 2 dell’emergenza Covid.
Col passare delle settimane i risultati epidemiologici divennero sempre più incoraggianti: la prima ondata era ormai acqua passata. L’11 giugno un nuovo Dpcm diede inizio così alla Fase 3, in vista di un’estate “Covid-free”. Tutte le attività riaprirono, l’autocertificazione non fu più obbligatoria, cinema e teatri furono riaperti al pubblico, riprese lo sport e le spiagge tornarono piano piano a riempirsi. A metà agosto però i pericolosi assembramenti e il mancato uso delle mascherine costrinse il governo a chiudere tutte le discoteche. La scuola riaprì ufficialmente a settembre in tutte le regioni italiane, anche se con modalità diverse rispetto allo standard: col passare dai giorni si tornò infatti alla didattica a distanza.
Il “liberi tutti” dell’estate determinò l’iniziò della seconda ondata della pandemia in Italia. In seguito agli affollamenti delle spiagge e dei locali, la curva dei contagi riprese pericolosamente a crescere e il premier Conte annunciò come conseguenza una nuova stretta graduale, ponendo restrizioni a bar, ristoranti, palestre, piscine e mettendo un limite massimo al numero di persone da poter ospitare all’interno della propria abitazione. Il 3 novembre il 19esimo Dpcm stabilì poi il divieto di muoversi su tutto il territorio nazionale dalle ore 22 alle 5 del mattino successivo, istituendo il coprifuoco.
Il peggioramento della situazione epidemiologica costrinse il governo a pensare a nuove restrizioni. Un nuovo lockdown generale avrebbe messo definitivamente ko il settore socio-economico del Paese, perciò, con il contributo del Comitato tecnico scientifico, il 6 novembre venne istituito il sistema a colori: in base al grado di rischio delle varie regioni, si determinarono così le zone gialle, arancioni e rosse (a cui poi si aggiungerà a gennaio 2021 anche quella bianca).
In occasione delle feste natalizie, venne emanato poi un nuovo Dpcm: tra le misure, il divieto di spostarsi tra Regioni e il divieto di uscita per il 25 e 26 dicembre e il 1° gennaio. Natale e Capodanno, sulla scia della Pasqua, sono dunque stati festeggiati in lockdown. Quelle misure restrittive si sono fortunatamente rivelate utili a “spegnere” la seconda ondata e a consentire gradualmente un nuovo allentamento a livello nazionale. Oggi, tuttavia, il quadro epidemiologico è tornato preoccupante e l’arrivo della terza ondata a causa delle varianti del Covid-19 è ormai una certezza.
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