Covid-19 terapie intensive, tornano a salire i numeri dei ricoverati negli ospedale. In undici regioni il dato è allarmante: i dettagli
Negli ospedali italiani tornano a salire i numeri dei ricoveri nelle terapie intensive. Le attività ordinarie sono di nuovo sospese e i posti letto sono stati riconvertiti per occuparsi del Covid. In alcuni ospedali è stata riattivata la ‘Cross’ ossia il sistema attuato dalla Protezione Civile che consiste nel trasporto dei ricoverati da una regione all’altra. In queste settimane sono stati trasportati 12 ricoverati dal Molise, 2 dall’Umbria e 1 dalle Marche verso Ospedali più grandi del Lazio e della Puglia.
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“Stiamo stringendo i denti, trasferiamo alcuni pazienti dagli ospedali più impegnati verso le strutture vicine. La pressione è in aumento” queste le parole di Antonio Pastiglione, direttore del Dipartimento per la salute della Campania. A queste dichiarazioni fanno eco quelle di Alessandro Vergallo, il presidente dell’Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani, che afferma: “Avevamo ripreso l’attività chirurgica, sia pur nell’incertezza. Ora tutto si sta fermando di nuovo. Adesso c’è un deciso allentamento delle regole. La zona rossa di oggi non è confrontabile con la zona rossa della prima ondata. Né possiamo più affidarci alle misure locali o ai colori delle Regioni. Il virus corre ovunque, la saturazione delle terapie intensive è un’ultima spiaggia che non dovremmo mai raggiungere. Pesa dirlo, ma quel che serve è un lockdown nazionale”.
La situazione non dovrebbe migliorare per 10-15 giorni. Secondo le analisi condotte dall’ Istituto superiore di sanità e ministero della Salute, l’occupazione media delle rianimazioni è passata dal 24% al 26% in una settimana e si avvicina alla soglia rossa del 30%.
Il tetto minimo è già stato superato in 11 fra Regioni e province autonome, secondo i dati dell’Agenzia per i servizi sanitari (Agenas), la situazione è peggiorata in: Umbria (59%), Trento (53%), Molise (49%), Abruzzo (41%), Lombardia (40%), Marche (40%), Bolzano (37%), Friuli Venezia Giulia (36%), Emilia Romagna (36%), Toscana (32%) e Piemonte (31%). Anche il tracciamento dei casi non sta funzionando come qualche settima fa. Le Asl fanno fatica a ricostruire la catena dei contagi, ci riescono solo nel 28% dei casi.
“Rispetto alla seconda ondata, oggi affrontiamo la terza senza aver mai svuotato gli ospedali” così Guido Bertolini, responsabile del coordinamento dei pronto soccorso della Lombardia.
Bertolini poi conclude: “A ottobre partivamo da 30-40 letti di terapia intensiva in Lombardia. Dopo la seconda ondata, non siamo mai scesi sotto ai 350. In più abbiamo molti pazienti non Covid che non potevano rimandare le cure. Abbiamo portato malati dalle zone più calde, Brescia, Cremona, Mantova, verso quelle più indietro nella curva, anche al Papa Giovanni di Bergamo. Ma ora ci sono segnali di ripresa del virus ovunque. Ospedali tranquilli non se ne trovano”.
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