È stato ucciso in Congo il magistrato che stava indagando sulla morte dell’ambasciatore Luca Attanasio, dell’agente Vittorio Iacovacci e dell’autista Mustafa Milambo. In quel territorio sembra non esserci pace e si continua a pagare un prezzo troppo alto. Questa volta a pagare con la propria vita è stato un magistrato, là, dove la legge pare non essere più legge.
Il bagno di sangue in Congo continua e nella regione del Kivu, non lontano dal luogo dell’assalto e dell’assassinio dell’ambasciatore Luca Attanasio, dell’agente Vittorio Iacovacci e dell’autista Mustafa Milambo a perdere la vita è stato William Mwilanya Asani, revisore dei conti alla Procura militare di Rutshuru che stava indagando proprio sull’omicidio dell’ambasciatore italiano, .
La versione ufficiale delle autorità afferma che l’omicidio del magistrato sia avvenuto per opera dei militari in abiti civili di un reggimento congolese, il 3416° e non le milizie. Una versione nuova e particolare, in primis per la rapidità delle indagini e in secondo luogo per la dinamica dell’accaduto. A riportarlo è il Corriere della Sera che riporta le parole di un portavoce della polizia: “Avevano messo un posto di blocco sulla Rn2 e si stavano accanendo sulla popolazione locale, quando hanno visto le jeep militari e hanno iniziato a sparare.” Tesi che lascerebbe grosse questioni inspiegate. Sembra che il magistrato sia stato ucciso mentre percorreva la strada per Kaunga circa all’altezza del villaggio di Katale, a pochi chilometri dal luogo dell’omicidio dell’assalto al convoglio dove viaggiava Luca Attanasio. Come riporta l’Agenzia Fides “stava tornando da una riunione nell’ambito dell’inchiesta sulla sicurezza dell’area e in particolare sull’omicidio dell’ambasciatore italiano e dei suoi due accompagnatori”.
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I fatti riportano anche il grave ferimento della scorta: il convoglio infatti veniva scortato dal colonnello Polydor Lumbu del 3409° Reggimento. A quanto pare sembrano esserci delle prove che conducono al sergente Okito Longonga, appartenente al 3416° Reggimento e ucciso nello scambio a fuoco. I fatti suggeriscono infatti ad un conflitto interno tra soldati, evento non raro sul territorio congolese, infatti l’ultimo avvenimento simile risalirebbe ad un anno fa. Il maggiore sarebbe caduto quindi per colpa di una faida interna. A indagare sui fatti relativi all’uccisione dell’ambasciatore italiano Attanasio indaga proprio la procura militare di Rutshuru.
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Gli elementi sulla morte di Attanasio e del carabiniere di scorta sembrano essere insufficienti e la commissione Esteri ha posto in primo piano l’ipotesi di considerare il caso del 22 febbraio come crimine di guerra. In tal senso il segretario della rete Pga (Parliamentarians for Global Action), David Donat Cattin ha commentato così la vicenda “l’Italia avrebbe i mezzi giuridici per incriminare coloro che finanziano, armano e dirigono il gruppo armato che ha attaccato il convoglio Onu, a prescindere dall’esistenza di ordini specifici a subordinati che sarebbe imprudente ridurre al rango di meri banditi”.
Non ci sono ancora certezze sul fatto che l’omicidio del revisore dei conti alla Procura militare di Rutshuru sia riconducibile alle indagini sulla morte di Luca Attanasio. Quello che è chiaro però, continua ad essere il fatto che il Congo è in balia, ormai da molti anni di un conflitto interno che provoca forti instabilità, in un territorio già martoriato.
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