Covid-19 terapia domiciliare: ecco come sconfiggere il virus. Tutte le informazioni necessarie sono reperibili sul sito terapiaomiciliare.org.
Nello specifico si tratta di una rete di esperti costruita dall’avvocato Erich Grimaldi. La terapia sta funzionando come si evince dai molti messaggi presenti sulla pagina Facebook del gruppo “Terapia domiciliare Covid 19” dove gli iscritti, che due giorni fa erano 93.000, aumentano sempre più grazie al passaparola.
Grimaldi, da aprile scorso, ha radunato molti medici che stavano trovando un modo per curare la malattia. Da Nord a Sud, oggi sono più di mille i professionisti che hanno condiviso l’approccio terapeutico salva vita: 400-500 i medici che si confrontano nelle chat e che sono disponibili a curare i malati anche da remoto. Gli altri sono farmacisti, psicologi e psicoterapeuti, biologi nutrizionisti, fisioterapisti ed infermieri. Il comitato medico “Cure domiciliari” ha poi condiviso la propria esperienza con ricercatori americani a cui si sono aggiunti medici in Grecia, a Malta, in Perù, Bolivia, Cile, Colombia e Tanzania.
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L’avvocato Grimaldi ha riferito, come riporta Blog Il Giornale.it, di aver fatto “rete”. Nello specifico ha detto: “Mi sono adoperato mandando Pec e preparando ricorsi per agevolare il lavoro dei medici quando ostacolato dalle istituzioni, sto chiedendo ad Aifa linee guida condivise per non creare disparità fra regioni, ho supportato i curanti che, davanti ai giudici, hanno chiesto il via libera del farmaco idrossiclorochina, e, assieme alla collega Valentina Piraino del Foro di Roma, ho impugnato la determina della regione Lazio che subordinava la prescrizione dei farmaci all’esito positivo del tampone, spesso tardivo o falso negativo, impedendo la possibilità di trattare la malattia ai primi sintomi”.
Il dottor Borghi ha curato i suoi pazienti a domicilio, nello specifico 109. Di questi solo quattro sono dovuti andare in ospedale, mentre, uno solo è deceduto.
“Occorre intervenire il più tempestivamente possibile, soprattutto se dall’anamnesi capiamo che si tratta di un paziente a rischio, anziano, cardiopatico, iperteso, diabetico o maschio, over 50, con grasso viscerale. Perché l’aspetto più preoccupante della Covid non è tanto la polmonite quanto la coagulazione intravascolare disseminata che scatena la tempesta di citochine infiammatorie. È importante anche procurarsi un saturimetro”.
Il dottor Borghi continua: “Il nostro protocollo, se così lo vogliamo chiamare, è in realtà cucito addosso al paziente. Se la persona è diabetica o leucemica dobbiamo scegliere il cortisonico che alzi meno la glicemia. A tutti prescriviamo alte dosi di vitamina D dal primo giorno, no al paracetamolo, meglio l’antinfiammatorio, subito un tipo di antibiotico che ha dimostrato azione anti virale ed eparina per evitare gli effetti della cascata infiammatoria. Poi, via via correggiamo. È importante seguire il paziente tutti i giorni, oltre la prima settimana, per evitare ricadute. Sono stati tutti curati a casa, quando era necessario abbiamo fatto recapitare a domicilio l’ossigeno liquido. Concludo: usiamo tutti farmaci in uso da anni e che costano pochissimo, per 100 pazienti ho speso 7mila euro”.
“Telefonicamente ho seguito un centinaio di casi, nessuno ha avuto bisogno di ricovero. Le persone si sono sentite abbandonate, ma non mi stanco di ripeterlo, guai ad aspettare l’esito di un tampone, si perde tempo prezioso. I bambini, salvo alcune eccezioni, non presentano forme gravi, per cui si può adottare una politica di ‘vigile attesa’ ma bisogna aiutarli da subito ad aumentare le difese con integratori come lattoferrina, zinco, melatonina, vitamina D per facilitare la loro guarigione spontanea. In caso di peggioramento dei sintomi occorre, con tempestività, iniziare opportune terapie. Con il senno di poi dico che andavano maggiormente responsabilizzati i medici di Medicina generale. Una grande percentuale dei miei colleghi, anche su burocratiche indicazioni di protocolli regionali, ha delegato l’intervento alle Usca (sono le unità di assistenza sul territorio) che non hanno la conoscenza del paziente e spesso hanno difficoltà a collaborare con il curante”. Queste le parole di Carlo Zanolini
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