Dopo 3313 giorni, due conferenze di servizio e una delibera di pubblico interesse positiva, la intricata vicenda del progetto dello Stadio della Roma a Tor di Valle vede la fine, l’infrastruttura, per decisione di Dan Friedkin non si farà nell’area dell’ex Ippodromo, l’unica alternativa praticabile resta quella di Tor Vergata. I dettagli
“Il Consiglio di Amministrazione ha verificato che non sussistono più i presupposti per confermare l’interesse all’utilizzo dello stadio da realizzarsi nell’ambito dell’attuale
progetto immobiliare relativo all’area di Tor Di Valle, essendo quest’ultimo progetto divenuto di impossibile esecuzione”. Bastano poco più di 40 parole, contenute in una nota finanziaria emessa dall’As Roma a Borsa chiusa, per scrivere la parole fine su una delle storie più controverse che la Capitale d’Italia e il calcio italiano abbiano mai vissuto.
Parliamo dello Stadio della Roma a Tor di Valle e delle incredibili contorsioni che la politica romana è stata in grado di produrre dal 2011 ad oggi. Da Alemanno a Virginia Raggi passando per Ignazio Marino i tre sindaci che, nell’arco di quasi dieci anni, hanno occupato lo scranno più alto del Campidoglio, riuscendo nel, non esaltante, record di bruciare un progetto che doveva generare uno stadio nuovo di zecca per Roma, migliaia di posti di lavoro e investimenti per più di un miliardo di euro.
La parole fine la mette, in maniera molto coraggiosa, la nuova proprietà del club che porta il nome della Capitale sottolineando che: “la pandemia ha radicalmente modificato lo scenario economico internazionale, comprese le prospettive finanziarie dell’attuale progetto stadio”. Una decisione netta e chiara che però al tempo stesso non mette la parola fine all’ambizione di dotare Roma di uno stadio degno del suo nome. I motivi della scelta di Friedkin sono abbastanza chiari. Da un lato la presa d’atto dell’incapacità della Sindaca di Roma Virginia Raggi, a meno di quattro mesi dalla fine del suo mandato, salvo una al momento difficile riconferma, di completare l’iter amministrativo. Il ruolo dell’immobiliarista Vitek da sempre poco convinto dell’operazione e come detto le mutate condizioni economiche che sconsigliano Friedkin di imbarcarsi in una spesa notevole.
Il nodo, come detto, resta la necessità di uno stadio di proprietà e una decisione da prendere alla svelta. La ristrutturazione del Flaminio è impraticabile. Ci sono da superare i vincoli architettonici, da sistemare la necropoli sottostante l’impianto oltre alla difficile situazione infrastrutturale del quartiere che circonda lo Stadio progettato da Nervi. La concessione trentennale dell’Olimpico resta molto sullo sfondo. Rimane quindi un’unica soluzione praticabile quella di costruire il nuovo stadio a Tor Vergata sui terreni dell’Università e della Vianini di Caltagirone. Il soggetto che più di tutti ha avversato la soluzione Tor di Valle e che più di tutti potrebbe trarre beneficio della decisione di Friedkin.
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Friedkin quindi riparte da capo ma con la consapevolezza che avere al proprio fianco il vero e proprio dominus dell’economia della Capitale possa rappresentare quella garanzia di successo che negli anni scorsi è mancata. E non è detto che la tempistica sia per forza lunga. I terreni dell’Università di Tor Vergata sono nella piena disponibilità e la creazione di una società mista Università più Vianini più As Roma potrebbero dare un’accelerata al progetto. Per realizzare i lavori peraltro non servono la dichiarazione di pubblica utilità del Comune di Roma e l’iter per una variante al Piano Regolatore. Basta la volontà politica e un progetto valido che preveda anche la sistemazione delle Vele di Calatrava. Volontà che, chiunque sarà il prossimo Sindaco di Roma, non mancherà. Nel pieno di una crisi economica nessuno avrà interesse a dire di no ad un investimento importante e a Francesco Gaetano Caltagirone. Si chiude una porta si apre un portone.
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