In Congo la recente morte dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci hanno riacceso i fari su un territorio caratterizzato dall’instabilità e i conflitti. La provincia del Nord Kivu è ormai contesa da 20 anni tra diverse milizie per il controllo dei minerali e dell’olio di palma, una delle provincie più ricche e “maledette” di tutto il continente.
Oro e diamanti, coltan, cassiterite e tormaline, minerali che le fazioni provano a contendersi, in una continua lotta che miete vittime, dal 2014 a oggi il numero è salito a più di 3mila e la situazione nel Paese non è altro che il caos infernale a spese della popolazione. Nell’Africa subsahariana sono diversi i ragazzi che si entrano a far parte di gruppi terroristici jihadisti come Boko Haram nel caso nigeriano. D’altra parte succede anche in Congo, dove il gruppo terroristico di matrice jihadista ha massacrato centinai di civili, 70 a Beni. In quel caso era arrivate accuse nei confronti dei militari delle Nazioni Unite, poiché non avevano contribuito a sventare l’attacco proteggendo la popolazione.
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La parte orientale del Paese non conosce tregua, proprio dove sono stati uccisi l’ambasciatore Luca Attanasio e Vittorio Iacovacci. Si trovavano proprio su un pick-up dell’ONU vicino a Goma, nei pressi di Nyiaragongo.
Dal 1994 la guerra combattuta in Congo ha provocato circa 5 milioni di vittime. Tra il 1996 e il 2003 si è consumata una guerra civile interetnica, avvenuta a seguito della guerra etnica scoppiata in Ruanda, il “genocidio dei tutsi del Ruanda” perpetrato esercito regolare e degli interahamwe, milizie paramilitari. Dopo anni di conflitti la situazione sembro stabilizzarsi all’inizio degli anni 2000, solo apparentemente però, poiché i conflitti, soprattutto nell’area dell’ex Zaire, terra funesta e priva di pace.
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Un altro problema molto a cuore per le organizzazioni umanitarie è la questione dei bambini soldato. Il Congo è uno dei Paesi dell’Africa centrale a dover fare maggiormente i conti con un tragico fenomeno, una pratica che si è diffusa anche in altre regioni. Si stima che in questo momento più di 250mila bambini soldato stiano combattendo numerosi conflitti in tutto il mondo. Non dimenticando l’orribile sfruttamento delle ragazzine per scopi sessuali, vittime di abusi sessuali, soprattutto in Congo e in Nigeria. I bambini vengono storditi con droga e alcol a partire dagli otto anni, un triste dato che li conduce prematuramente alla morte: si stima infatti che un bambino su quattro sia vittima delle bombe. L’organizzazione internazionale Human Rights Watch ha dimostrato come gruppi terroristici, ISIS, Boko Haram, Al-Shabab puntino oggi alla condanna e al rapimento di minori.
Se un minerale è così raro, parliamo proprio del coltan, i signori della guerra non possono che controllarne l’estrazione. Schiavi e volontari, sfruttati per poco più di 3 dollari al giorno, sono spesso gli estrattori di questo minerale che si trova solo in Congo e in altri (pochi) territori. Il minerale “insanguinato”, non un nome casuale quello con cui oggi si fa riferimento al coltan, è necessario per la produzione degli smartphone che oggi utilizziamo in modo comune. Il Congo detiene quasi l’80% di coltan mondiale, un dato che riporta presto alla luce i motivi dei conflitti per l’accaparramento delle risorse.
Il coltan è un minerale nero metallico che si trova sotto forma di sabbia, oggi viene utilizzato per la produzione di pc, tablet, automobili e altri dispositivi elettronici e digitali, come le macchine fotografiche o le consolle. Ma il Congo detiene anche grandi quantità di cobalto che viene estratto per più della metà nelle miniere prive di regolamentazione, fatto che espone chi ci lavora a forti rischi per la salute.
Le recenti piogge torrenziali hanno provocato diverse inondazioni, tra queste quelle più importanti provengono dal fiume Congo che hanno colpito le zone del centro-nord (Cuvette e Plateau). Calamità naturali che negli anni hanno provocato diverse vittime e migliaia e migliaia di sfollati. Aiutati poi dalle dagli interventi dell’ONU.
Le foreste, dopo la distruzione di quelle occidentali vengono ora rase al suolo, come in Amazzonia e in Perù, per la raccolta delle materie per la produzione del cioccolato. Il cacao raccolto sta fortemente provocando danni irreparabili all’ambiente in quei territori, dove le regole lasciano il passo allo sfruttamento anche delle multinazionali.
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Ed è proprio tra queste foreste che vivono i gorilla di montagna, una specie che rischia l’estinzione a causa del bracconaggio. Le loro vite sono affidate a giovani volenterosi pronti a proteggerli al costo della propria vita nei pressi del Parco Nazionale dei Vulcani Virunga, una foresta di oltre 780 chilometri. La situazione però, anche in questo caso è grave. I ranger, protettori di questa rara specie vengono uccisi e con loro anche i gorilla.
Il Congo rimane ancora oggi preda delle violenze e dello sfruttamento territoriale. La grave situazione nel Paese sembra non essere sotto controllo, e a farne le spese è la popolazione, povera, in preda alle barbarie e costretta a sopperire.
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