La mobilità sostenibile è entrata nell’agenda politica italiana da non molto tempo, altri paesi europei hanno invece, nell’ultimo decennio, investito e fatto passi avanti nell’utilizzo di veicoli ibridi e potenziamenti del trasporto pubblico. Nei paesi del nord-Europa invece si è persino anditi oltre, il centro di Oslo è diventato nel 2019 car-free. In Italia invece la mobilità sostenibile non sembra decollare ma il piano di recovery potrebbe ristabilire gli equilibri.
Decarbonizzazione, economia circolare e mobilità sostenibile sono tre pilastri del piano di recovery, perlomeno in alcuni paesi europei. L’Italia si ritroverà in una difficile fase di gestione che potrebbe però trasformarsi in una opportunità irripetibile, salire su quel treno, per restare in tema, non può che rappresentare il punto di svolta per un paese che deve ripartire da zero, o quasi, per quanto riguarda il compatto mobilità sostenibile. Il dato che preoccupa più di tutto è quello che evidenzia come negli ultimi due anni, in Italia, non è stato inaugurato nemmeno un chilometro di metro. Il gap con i paesi europei più sviluppati aumenta.
Legambiente ha lanciato l’allarme nel suo rapporto “Pendolaria 2021”: “Il nuovo programma europeo può essere davvero una svolta per il trasporto su ferro nel nostro Paese. In primo luogo, per l’impostazione, che rappresenta una vera discontinuità per l’Italia. Gli interventi dovranno accelerare la decarbonizzazione del settore e rispettare il principio del do no significant harm (dunque non arrecare danni significativi all’ambiente), avere un impatto occupazionale positivo e rispondere ai criteri della tassonomia europei. In sostanza, la realizzazione di grandi progetti stradali o autostradali sarebbe automaticamente esclusa” – continua ancora il rapporto di Legambiente “Ma importante è anche l’entità delle risorse, considerando che nella bozza di Recovery Plan italiano ai trasporti sono destinati oltre 35 miliardi di euro. Inoltre, e forse più significativo, al nostro Paese è chiesto di presentare un programma di riforme per fare in modo che qui come negli altri settori strategici, questa prospettiva sia accompagnata da interventi normativi che permettano di dare continuità a investimenti e innovazioni nel servizio.”
Il messaggio di Legambiente è chiaro, servono, prima di tutto e oltre, gli strumenti normativi.
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Il 2020 è stato sicuramente un anno difficile per il trasporto pubblico che ha visto, dopo un aumento dell’utenza, un calo notevole, vista la pandemia e le restrizioni dettate dal covid-19. Prima dell’avvento del virus i passeggeri sui treni ad alta velocità di Trenitalia sono passati dai 6,5 milioni del 2008 a 40 milioni nel 2019 (+515%), un dato provocato dal raddoppio della flotta dei treni ad alta velocità. Al di là dei convogli ad alta velocità, la situazione è peggiorata. Per gli Intercity il numero di utenti è crollato del 45,9% rispetto al 2010.
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Nel marzo dello scorso anno il crollo è stato ben evidente. Il rapporto riporta come la crisi pandemica abbia portato una riduzione del 30% dei treni in circolazione. Anche se i servizi non sono mai stati sospesi l’utenza, in modo fisiologico ha subito una riduzione causata dalle regole che, seguendo la curva dei contagi cambiava ogni qual volta quest’ultima subisse variazioni. Anche se con una riduzione dei posti del 50% i servizi hanno pian piano ripreso fino ad arrivare quasi ai livelli normali di funzionamento nella scorsa estate, calando nuovamente in autunno visto l’aumentare dei contagi.
Le linee regionali non hanno subito interruzioni, i pendolari, in forma ridotta hanno comunque usufruito dei servizi, soprattutto coloro che impossibilitati allo “smart working” devono recarsi sul posto di lavoro: operatori sanitari, esattori e titolari di attività economiche.
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I passeggeri sulle linee regionali e metropolitane sono aumentati, arrivando a 6 milioni ogni giorno per un totale di 3 milioni di spostamenti nelle città metropolitane, tra cui Milano, Catania, Brescia e con numeri dati positivi anche sulla rete di metropolitane di Roma. Un aumento quello dei passeggeri che porta naturalmente ad appore delle considerazioni sul piano degli investimenti, in un paese dove le infrastrutture faticano.
Su questo punto si sofferma anche il rapporto di Legambiente “Nei prossimi dieci anni saranno disponibili risorse senza precedenti per le infrastrutture ferroviarie, tra quelle straordinarie di Next Generation EU, i fondi strutturali europei e gli investimenti nazionali previsti nel contratto di programma di RFI, sulle altre reti concesse e nei Comuni per il trasporto locale in sede propria.
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Continua il dossier “Investire nella mobilità sostenibile nelle aree urbane è fondamentale perché qui troviamo i dati più rilevanti di concentrazione dell’inquinamento atmosferico in Italia, legato in modo rilevante alla prevalenza di spostamenti automobilistici. Nel 2020 sono stati 35 i capoluoghi di provincia fuorilegge per le polveri sottili (PM10), come rilevato dal Rapporto Mal’aria di città di Legambiente. Torino ha visto addirittura 98 giorni di sforamenti, seguita da Venezia (88) e Padova (84). L’inquinamento atmosferico è al momento la più grande minaccia ambientale per la salute umana e a pagarne le conseguenze sono i cittadini.”
Se il recovery fund rappresenta un’opportunità, l’importanza di gestirli in modo funzionale compone il puzzle con un altro importante tassello. Il sud risulta l’area del paese ancora più carente dal punto di vista delle infrastrutture, tanto più per la mobilità sostenibile.
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Legambiente denuncia come il sud, in modo completo sia indietro sul canale degli investimenti. Poche risorse potrebbero già apportare un significativo miglioramento della mobilità, come sottolinea lo stesso rapporto: “non servono nuovi grandi investimenti ma il miglioramento del servizio lungo le linee esistenti, un utilizzo più intelligente dei binari attraverso investimenti in tecnologie ed alcuni interventi di raddoppio dei binari nelle più importanti città e magari la possibilità di utilizzare le nuove linee ad alta velocità anche per alcuni convogli pendolari, realizzando nuove stazioni. Al Sud, in Sicilia e Sardegna questa situazione appare quanto mai urgente da affrontare. Muoversi da una città all’altra, su percorsi sia brevi che lunghi, può portare a viaggi di ore e a dover scontare numerosi cambi obbligati anche solo per poche decine di chilometri di tragitto.”
Non rimane che salire su quel treno e fare degli investimenti la miglior risorsa. Migliorare la mobilità rappresenterebbe anche un importante passo in avanti nella lotta ai cambiamenti climatici e all’inquinamento da trasporto. Gli obiettivi per il 2030 sono un tassello fondamentale per l’innovazione dell’intero paese, che ha bisogno però delle normative per indirizzare la rotta sulla green economy.
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