Una brutta notizia piomba oggi, martedì 9 febbraio, sul mondo della politica italiana impegnatissima nelle difficili consultazioni per il varo del Governo Draghi, la morte di Franco Marini storico leader della CISL, Ministro del Lavoro e Presidente del Senato. I dettagli.
Una brutta notizia piomba oggi, martedì 9 febbraio, sul mondo della politica italiana impegnatissima nelle difficili consultazioni per il varo del Governo Draghi, la morte di Franco Marini storico leader della CISL, già Ministro del Lavoro e Presidente del Senato. I dettagli.
La ferale notizia arriva alle prime ore del mattino da un tweet di Pierluigi Castagnetti, l’ultimo segretario del Partito Popolare Italiano, l’erede della DC, partito nel quale Marini ha militato tutta la Vita. “Uomo integro, forte e fedele a un grande ideale: la libertà – scrive Castagnetti – come presupposto della democrazia e della giustizia. Quella vera”.
Franco Marini era nato a San Pio delle Camere in provincia de L’Aquila in Abruzzo nel 1933, primogenito di una famiglia molto numerosa e di modeste condizioni economiche. Nel 1942, in piena guerra mondiale, si trasferì a Rieti dove il papà trovò lavoro come tessile. A Rieti ha svolto tutti gli studi fino alla laurea in giurisprudenza conseguita all’Università La Sapienza di Roma.
Nel 1950 si iscrive alla Democrazia Cristiana ed inizia a militare nell’Azione Cattolica e nell’ ufficio contratti e vertenze della CISL. La Cisl sarà il cuore di tutto la sua attività pubblica. Nel 1965 è segretario della Federazione dei Dipendenti Pubblici, poi nel 1976 vicesegretario di Pierre Carniti e nel 1985 segretario generale.
Concluso il mandato Franco Marini inizia la politica attiva, nel 1991 è Ministro del Governo Andreotti VII, l’ultimo della Storia e nel 1992 svolge un ruolo decisivo per il siluramento della candidatura del Divo Giulio alla Presidenza della Repubblica. Sarà eletto Oscar Luigi Scalfaro.
Con la nascita della Seconda Repubblica Franco Marini assume un ruolo sempre più centrale ricoprendo in sequenza il ruolo di Segretario del Partito Popolare, il partito nato dallo scioglimento delle Democrazia Cristiana, dal 1997 al 1999. Dal 2006 al 2013 è Senatore della Repubblica ricoprendo dal 2006 al 2008 la carica di Presidente dell’Assemblea, la seconda carica dello Stato.
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Al termine del mandato, alle elezioni del 2013 Marini non viene rieletto, viene indicato indicato come candidato alla presidenza della Repubblica in successione di Giorgio Napolitano dal PD di Bersani, dal PdL di Berlusconi, da Scelta Civica di Mario Monti, dall’UdC di Pierferdinando Casini, dalla Lega Nord guidata da Roberto Maroni e da Fratelli d’Italia.
Ma il tentativo non va in porto per via del veto imposto dall’allora astro nascente del PD, Matteo Renzi, che fa mancare parte dei 151 voti necessari a raggiungere l’obiettivo. Pochi giorni lo stesso destino toccherà a Romano Prodi. Il paradosso è che Marini raggiunge la maggioranza ma non il quorum, sarebbe stato utile dal terzo scrutinio, ma uno scontro mediatico con Renzi, “l’elezione di Marini è un dispetto al Paese”, ne segna il destino. Il vecchio lupo abruzzese decide allora di farsi da parte e di ritirarsi dalla politica attiva.
Negli ultimi anni di vita Franco Marini non fa mai mancare il suo contributo al dibattito pubblico, ma sempre più di rado, fino alla malattia, il dannato Covid che, alla vigilia di Natale del 2020, lo ha repentinamente portato alla morte.
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