Almeno una volta nella vita ci siamo imbattuti sull’argomento “foresta amazzonica”, forse a scuola o forse in uno di quei discorsi che ci portano a riflettere sull’andamento del globo. Oggi quella foresta ha perso chilometri e chilometri di biodiversità, un polmone verde ferito dal depauperamento delle risorse e dall’incontrollata gestione. A difenderlo però sono rimasti loro, i Guardiani. Ma chi sono e perché oggi rappresentano un capitale umano da preservare?
Chiamarli Guardiani sembrerà un po’ riduttivo ma questi uomini, spesso anche donne, appartenenti alla tribù Guajajara oggi sono i veri pionieri della difesa ambientale in Amazzonia. Dall’insediamento nel 2019 del presidente Jair Bolsonaro l’Amazzonia e le tribù del territorio hanno assistito al netto peggioramento delle condizioni del “polmone verde”.
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Solo nel 2020 il Brasile ha subito una perdita che va ben oltre 8.500 chilometri quadrati di foresta. Il dato estremamente preoccupante però riguarda le perdite di foresta amazzonica avvenuta nel dicembre del 2020, 216 chilometri quadrati andati in fumo. Gli incendi hanno superato quota 100 mila, durante l’arco dell’anno ormai trascorso. Dal Brasile piovono pesanti accuse nei confronti del presidente Bolsonaro responsabile per aver autorizzato le attività minerarie e di sfruttamento del legno, incluso l’allevamento e le colture intensive: la gestione ha causato ingenti danni alla biodiversità e delle attività di controllo non c’è traccia.
Sono considerati invisibili, per la loro capacità di muoversi all’interno della foresta amazzonica e nel 2011 sono diventati i protettori del “polmone verde”. I Guardiani della foresta sono gruppi di volontaria che, dopo l’aggravarsi della situazione hanno dovuto fronteggiare i contrabbandieri di legname.
Nel grande marasma e nel pericolo indotto dai profondi mutamenti del “polmone verde” i Guardiões da Floresta hanno preso le redini delle attività di controllo, sostituendosi alle autorità ambientali (assenti). La deforestazione accelera e le piogge sono in calo, due fattori che stanno mettendo a serio rischio l’ecosistema. Si aggiungono gli indomabili incendi che ogni mese fanno registrare nel “polmone verde” perdite per migliaia di chilometri quadrati di alberi.
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La foresta amazzonica è da sempre un territorio che alletta i garimpeiros, i cosiddetti ricercatori d’oro che in modo illegale contribuiscono alla distruzione del territorio amazzone; ci sono poi i proprietari terrieri per i pascoli e le coltivazioni, responsabili per grande parte della deforestazione, attuata per allargare i propri terreni; e per ultimi, non per importanza, i taglialegna. La negligenza o, per meglio dire, l’indifferenza delle autorità statali ha obbligato le tribù indigene a fondare gruppi per la difesa ambientale e, in molti casi, per la salvaguardia della propria pelle.
I rischi nella regione aumentano sempre di più e la vita dei Guardiani della foresta è soggetta a continui attentanti, opera di criminali senza scrupoli. Zezico Guajajara è stato l’ultimo ad essere stato giustiziato a colpi di arma da fuoco (nel marzo del 2020) mentre proteggeva la foresta per fermare il disboscamento illegale. Appena cinque mesi prima era toccato a Paulo Paulino Guajajara, in prima linea nella lotta agli “invasori” della foresta. La stessa sorte che altri tre della tribù avevano precedentemente subito. La tutela della foresta amazzonica non è solo la cura del “polmone verde” ma un passo necessario affinché le tribù che abitano la regione possano sopravvivere ai cambiamenti e al depauperamento della biodiversità amazzonica, la più grande in termini quantitativi.
I Guardiani non ricevendo nessuna tutela del governo sono costretti a ricorrere alla forza costrittiva pur di difendere la propria vita e quella del “polmone verde”; possono infatti contare solo sul supporto di poche associazioni, come Greenpeace Brasile.
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