Rifle, ad ottobre la nota azienda di jeans è stata dichiarata fallita: grossa occasione per comprare 70mila capi a prezzi stracciati
Gli estimatori della Rifle chissà quante volte hanno sognato di leggere una cosa del genere. Oggi è possibile anche se la notizia lascia l’amore in bocca proprio chi per anni ha vestito con il marchio toscano di Barberino del Mugello. L’azienda è fallita, la Rifle, uno dei simboli degli anni Ottanta, da ottobre ufficialmente non c’è più.
Per gli amanti del casual è una ghiotta occasione. Secondo il quotidiano La Nazione a causa del fallimento jeans, giubbotti, camice e felpe saranno venduti a 2 euro. Sono oltre 70mila i capi d’abbigliamento che il Tribunale fallimentare di Firenze ha deciso di svendere per rientrare con le perdite.
Ma da quando sarà possibile mettere le mani sulla merce a questi prezzi? Sempre secondo il giornale dopo marzo. Tutto – come ogni cosa ormai – dipenderà dall’andamento dell’epidemia. Visti i prezzi convenienti si prevedono lunghe code e si vogliono dunque evitare assembramenti.
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Fallimento Rifle: si prepara una super svendita di jeans e giubbotti a 2 euro https://t.co/Ddapy8HCBm via @qn_lanazione
— Cristian G. (@Cristian_Gi_LI) February 2, 2021
Rifle, la storia che cominciò nel dopoguerra
La Rifle ha legato la sua storia al territorio dov’è nata, la provincia di Firenze. Fondata nel 1949 da Giulio Fratini con il nome Confezioni Fratini, nel 1958 cambiò nome in Rifle. Come molte grandi attività, nacque con l’acquisto di abiti usati dei soldati americani tra la fine delle guerra e i primi anni di pace, a Prato.
Il periodo d’oro dell’azienda fu certamente il ventennio degli anni Settanta e Ottanta. Il prodotto più noto e diffuso su il jeans, comodo e resistente, usato da giovani e lavoratori ma anche da professionisti quando la moda comincerò ad abbinare gli abbigliamenti classici e sportivi.
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La crisi cominciò già alla fine degli Novanta per proseguire fino ai Duemila. I discendenti di Giulio e del fratello Fiorenzo con il quale avviò l’avventura nel dopoguerra, si divisero. Poi la caduta di vendite, il tentativo di far investire capitali stranieri, fino all’ottobre 2020 quando l’azienda è stata dichiarata fallita.