Luigi Pelazza è stato condannato per il reato di violenza privata ai danni della giornalista Guia Soncini.
Luigi Pelazza, l’inviato della nota trasmissione “Le Iene” è stato condannato a 2 mesi di carcere per violenza privata nei confronti della giornalista Guia Soncini. Il caso risale al 2015, quando Pelazza e il cameraman Osvaldo Camillo Verdi, assolto dall’accusa perché non è stato possibile confermare la sua presenza, si introdussero indebitamente nel cortile del palazzo in cui abitava la Soncini, per ottenere un’intervista.
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Secondo la ricostruzione della Procura di Milano, la “iena” e il cameraman della trasmissione d’inchiesta, il 19 settembre 2015 si introdussero nel cortile del palazzo fingendosi dei corrieri e impedendo alla giornalista Soncini di fare rientro presso la propria abitazione.
Stando a quanto riporta l’Agi, la troupe de “Le Iene” non si limitò a fare semplici domande ma esercitò una certa violenza che privò “la libertà di determinazione e di azione della parte offesa” e la costrinse a “tollerare la loro presenza con una serie insistente di domande alle quali la parte offesa dichiarava da subito di non voler rispondere”.
Inoltre, secondo la Procura milanese, Pelazza avrebbe continuato ad insistere per ottenere delle risposte nonostante la Soncini fosse stata assolta per l’inchiesta in questione e fosse in “evidente stato di timore”.
I metodi d’assalto utilizzati da “Le Iene” sono noti a tutti e più volte sono stati tacciati come poco professionali. La condanna di Pelazza a 2 mesi di carcere, convertita poi in una multa da 15mila euro, risulta essere importante e storica “perché ha stabilito che non sempre il ‘metodo Iene’ è scusato dal pure legittimo diritto di cronaca” dice Davide Steccanella, l’avvocato di Guia Soncini.
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“Esiste ancora l’inviolabilità del domicilio. Uno sconosciuto non invitato a entrare non può imporre la propria presenza in casa tua, neanche se dotato del superpotere televisivo e convinto quindi di godere d’immunità diplomatica” afferma la stessa Soncini. Diversa invece la reazione di Pelazza che afferma di non aver mai esercitato violenza nei confronti della giornalista ma di essersi limitato a svolgere il suo lavoro.
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