Il giurista Pietro Ichino ha spiegato le ripercussioni a cui possono andare incontro i lavoratori che non vogliono fare il vaccino: “Chi si rifiuta può anche essere licenziato”.
Se le circostanze ne fanno una condizione per la sicurezza di altre persone, il datore di lavoro può obbligare i suoi dipendenti a vaccinarsi. E chi non lo fa rischia di vedere interrotto il proprio contratto di lavoro. È questa la sintesi del commento del giurista Pietro Ichino, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, in merito alla possibilità di essere licenziati nel caso in cui si decidesse di non ricorrere al vaccino anti Covid.
“Quando la scelta di non curarsi determina un pericolo per la salute altrui, prevale la tutela di questa”, ha spiegato il giurista facendo riferimento alla legge. “Non solo si può rendere obbligatorio il vaccino – ha sottolineato – ma in molte situazioni è previsto”.
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Cosa prevede il codice civile
Come sottolineato da Pietro Ichino “l’articolo 2087 del codice civile obbliga il datore di lavoro ad adottare tutte le misure suggerite da scienza ed esperienza, necessarie per garantire la sicurezza fisica e psichica delle persone che lavorano in azienda e il loro benessere”.
Secondo il giurista “se la scienza e l’esperienza indicano la vaccinazione come misura più sicura, anche questa può essere imposta”. Di conseguenza, pur avendo il diritto a non vaccinarsi, il dipendente potrebbe mettere a rischio la salute dei propri colleghi: in quel caso il suo rifiuto potrebbe essere interpretato come un “impedimento oggettivo alla prosecuzione del rapporto di lavoro”.
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In poche parole, come evidenziato nel Corriere della Sera, “o fai il vaccino o sei licenziato”. “La protezione del tuo interesse alla prosecuzione del rapporto – ha evidenziato Ichino – cede di fronte alla protezione della salute altrui”.