Lo sciame sismico degli ultimi giorni nei Campi Flegrei sarebbe collegabile al bradisismo, ma un’accelerazione dei processi vulcanici non è da escludere: l’esperto dell’Ingv, Giuseppe De Natale, ne ha parlato al Corriere del Mezzogiorno.
Le 40 scosse che si sono registrate nei Campi Flegrei, in Campania, tra sabato 20 e domenica 21 dicembre hanno destato preoccupazione tra gli abitanti delle zone limitrofe. L’episodio sarebbe ricollegabile al bradisismo, fenomeno vulcanico legato all’abbassamento o innalzamento del livello del suolo.
L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) ha registrato da settembre una variazione del sollevamento del terreno di circa 1 cm al mese, 4 mm in più rispetto a quanto riscontrato all’inizio dell’anno. Complessivamente la scorsa settimana nell’area dei Campi Flegrei si sono registrati oltre 90 terremoti: il più alto di magnitudo 2,7 della scala Richter, il più basso di 0,3.
Inoltre durante la notte presso la Solfatara, tra Napoli e Pozzuoli, la terra ha tremato ancora. Alle 2:59 i sismografi dell’Osservatorio Vesuviano hanno registrato una lieve scossa di magnitudo 1,4 a una profondità di 1 km. I residenti vicini all’area hanno sentito prima un boato e poi i vetri delle finestre tremare.
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In merito a una possibile evoluzione dello sciame sismico registrato presso i Campi Flegrei, il Corriere del Mezzogiorno ha intervistato Giuseppe De Natale, responsabile dell’Osservatorio Vesuviano dell’Ingv.
“La probabilità di una previsione esatta del comportamento di un vulcano è minore del 20%-30% – ha spiegato l’esperto – Il rischio di accelerazione improvvisa dei processi vulcanici non si può escludere”. De Natale ha ricordato che i fenomeni considerati “precursori” nell’area Flegrea persistono da 70 anni e che ci sono già state due evacuazioni, fortunatamente non seguite dall’eruzione: nel 1970 e nel 1984.
“Salvo cambiamenti sostanziali dei fenomeni in atto – ha specificato l’esperto del vulcanesimo – sono convinto che l’episodio attuale di bradisisma non preluda ad un’eruzione, ma altri colleghi la pensano diversamente. Il vero problema è distinguere il momento in cui le anomalie possano indicare un’eruzione imminente”.
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Per salvaguardare l’incolumità degli abitanti delle zone limitrofe ed evitare qualsiasi rischio, il suggerimento di De Natale è quello di diminuire la densità della popolazione residente: “In queste aree si può lavorare, produrre e fruire cultura, turismo, svago; ma non affogarle con una residenzialità pervasiva, opprimente ed inutile. Servono azioni coraggiose, strutturali e necessariamente radicali”.
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