Prende forma il giallo dei cadaveri ritrovati a pezzi nelle valigie nei pressi del carcere di Firenze: appartengono ad una coppia di albanesi Shpetim e Teuta Pasho
Lei massacrata di botte e poi asfissiata con un sacchetto di plastica, lui ucciso da un colpo netto alla gola, fatto a pezzi con una sega circolare e riposto in due distinte valigie. E’ questa la tragica modalità con la quale hanno perso la vita le due persone ritrovate, in tre distinte valigie, in un terreno al confine tra il Carcere fiorentino di Sollicciano e la Superstrada FI-PI-LI la Firenze-Pisa-Livorno.
Rivelati anche i loro nomi. Si tratta di Shpetim e Teuta Pasho, rispettivamente di 54 e 52 anni di Valona, in Albania, ma spesso in Italia per essere vicini ai figli, uno dei quali implicato nel traffico internazionale di stupefacenti.
E sembra essere proprio questo il motivo del massacro. Secondo i primi riscontri delle indagini coordinate dal sostituto procuratore presso il Tribunale di Firenze, Ornella Galeotti, la coppia aveva fatto perdere la proprie tracce nel 2015 proprio quando il figlio era ristretto presso il carcere di Sollicciano. La coppia quando era in Italia si appoggiava presso una piccola casa in affitto a Scandicci.
Giunti in Italia nell’ottobre del 2015 Shpetim e Teuta Pasho avevano seguito le pratiche del processo del figlio e all’improvviso il 2 novembre 2015 sono scomparsi. Quel giorno la figlia della coppia, Dorina, aveva ricevuto una telefonata dalla madre, da un numero anonimo. In quel frangente le aveva comunicato che sarebbero andati a vivere in Germania e che non doveva più cercarla. Forse un ultimo messaggio prima di essere uccisa. Dorina Pasho non si era data per vinta e oltre che alle forze dell’ordine si era rivolta alla trasmissione della Rai “Chi l’ha visto”. Senza però ottenere nessun riscontro.
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Nei giorni scorsi la drammatica scoperta, forse frutto dell’indicazione di un pentito. Le indicazioni sull’identità della coppia non sono ancora ufficiali, visto lo stato in cui sono i cadaveri sarà necessario ricorrere alla prova del DNA, ma due dati sono apparsi subito chiari. I vestiti e i monili della donna. I tatuaggi dell’uomo uno a forma di àncora con la scritta Vlore, il nome albanese di Valona e una scritta SHP, le iniziali di Shpetim.
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