Nella notte tra il 6 e il 7 dicembre è arrivata, a Bolzano, la morte di Lidia Menapace, le è stato fatale il coronavirus Covid-19: l’ex Senatrice e partigiana aveva 96 anni
La notizia, tanto temuta quanto attesa, è purtroppo arrivata: Lidia Menapace è morta stanotte a Bolzano. Lo riferisce l’ANSA in una nota. La Menapace, 96 anni, era ricoverata da diversi giorni nel reparto di malattia infettive dell’ospedale della città dell’Alto Adige città nella quale ha sempre vissuto con il marito, Nene Menapace, medico trentino morto nel 2004 e con il quale ha diviso tutta la vicenda umana.
Il vero nome della Menapace era Lidia Brusca, “l’anticipatrice”, come veniva definita era nata a Novara nel 1924. Diventa giovanissima staffetta partigiana nelle formazioni della Val d’Ossola. La giovane Brusca non ha mai toccato le armi, le aborriva. Nonostante questo, al termine della Guerra di Liberazione, viene congedata come sottotenente con il brevetto di “partigiano combattente”, rigorosamente al maschile.
Tutto questo genera in Lidia un feroce sentimento femminista e anti militarista, sentimento che guiderà tutto il suo impegno politico e civile. Lidia Menapace si laurea a Genova nel 1945 in letteratura italiana con 110 e lode. Nei primi anni 50 è attivista della FUCI, la Federazione Universitaria Cattolica. A fine anni 50 aderisce alla Democrazia Cristiana con cui si candida alle elezioni provinciali di Bolzano dove viene elette e nominata assessore.
Nel 1968 abbandona il partito che ha segnato tutto il corso della Prima Repubblica ed è tra le fondatrici del gruppo de “Il Manifesto”. Negli anni 70 e negli anni 80 è sempre in prima fila in tutti i movimenti femministi, ambientalisti e pacifisti e in quelli per lo sviluppo di molte associazioni e imprese cattoliche come la Banca Popolare Etica di cui è membro del Comitato Promotore. A metà anni 90 il ritorno alla politica con l’adesione al Partito della Rifondazione Comunista forza politica con la quale entra in Senato nel 2006. La sua esperienza parlamentare dura solo due anni, la legislatura più breve della storia repubblicana ma il suo impegno non cessa, soprattutto sul tema della Memoria.
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Ancora lo scorso 25 aprile rilasciò una lunga intervista a Gad Lerner per “Il Fatto Quotidiano” nella quale ricordava il ruolo delle donne nelle Resistenza. In particolare sul fatto che non furono “solo” staffette o, come qualcuno insinuava malignamente “le prostitute dei partigiani”, ma soprattutto parte attiva, spesso decisiva. La Menapace ricordava, nello specifico, il “moralismo” del Partito Comunista Italiano che le chiese di non partecipare alla sfilata per la Liberazione attraverso le strade di Milano del 1945. “Il popolo non capirebbe, mi disse Togliatti”, ovviamente Lidia Menapace, come per tutto il resto della sua vita, si rifiutò di obbedire.
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