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Giornata mondiale contro l’Aids 2020: in Italia contagi in calo ma diagnosi tardive

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Martina Di Cesare

Il 1° dicembre ricorre la Giornata mondiale contro l’Aids. Contagi in calo ma il 60% dei positivi scopre la malattia in fase già avanzata. La fascia più a rischio rimane quella dei 25-29 anni.

Una malattia silenziosa e di cui si sa ancora troppo poco. La Giornata mondiale contro l’Aids può essere un’ottima occasione per informarsi maggiormente sul virus dell’Hiv e capire come prevenire il contagio. Nel 2020, qual è il quadro in Italia?

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1 dicembre, Giornata mondiale contro l’Aids

In questo periodo la nostra attenzione è tutta concentrata per il Covid-19. Ma oltre al virus Sars-Cov 2, di cui sentiamo parlare ormai quotidianamente, ne esistono tanti altri su cui si accende meno l’attenzione ma che silenziosamente continuano a fare migliaia di vittime. Uno di questi è l’Hiv che determina la malattia dell’Aids.

Come ogni anno, il 1° dicembre ricorre la Giornata mondiale contro l’Aids, una malattia silenziosa e a cui la scienza non ha ancora trovato, purtroppo, alcun rimedio. La giornata mondiale dedicata alla malattia può essere una buona occasione per informarsi meglio e capire come prevenire il contagio del virus Hiv.

Le autorità sanitarie ricordano che il primo metodo per prevenire la malattia è l’uso del preservativo. Bisogna, inoltre, ricorrere frequentemente al test per l’Hiv che è l’unico metodo per riconoscere tempestivamente il virus della malattia, tenerlo sotto controllo e accedere alle cure necessarie, oltre che una buona abitudine per tutti coloro che hanno una vita sessualmente attiva.

I numeri in Italia

Secondo il report annuale dell’Istituto Superiore di Sanità, dal 2012 si attesta in Italia una costante diminuzione dei casi di Hiv. Il dato, però, non deve assolutamente tranquillizzare. Come afferma Massimo Andreoni, il direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit), in Italia oggi ci sono oltre 18mila persone che non sono a conoscenza di avere il virus dell’Hiv.

Un numero che preoccupa non poco. Secondo il rapporto dell’Iss, infatti, se da una parte è vero che i casi in Italia sono in diminuzione rispetto al resto del quadro europeo, dall’altra il 60% dei contagiati arriva a fare il test troppo tardi, quando cioè la malattia è già in fase avanzata. Un terzo dei pazienti, infatti, si sottoporrebbe al tampone soltanto in seguito alla presenza di sintomi.

Secondo l’Iss, inoltre, in Italia l’incidenza più elevata dei casi si attesta nelle fasce più giovani della popolazione, ovvero quella tra i 25 e i 29 anni e poi quella tra i 30 e i 39 anni. Il report evidenzia che in generale la diagnosi era ed è tutt’oggi più alta nella popolazione maschile (80% nel 2019), quattro volte superiore rispetto a quella femminile.

Il report evidenzia anche che nel 2019 e per la prima volta il numero dei contagi dovuti a rapporti sessuali fra uomini ha raggiunto quello legato ai rapporti eterosessuali, che finora invece risultava maggiore.

A che punto è la scienza?

Nonostante gli studi incessanti della scienza, oggi non esiste ancora nessun vaccino contro l’Hiv né una cura altrettanto miracolosa. “Il virus dell’Hiv ha un alto tasso di mutazione e risulta più sfuggevole all’immunità prodotta da un eventuale vaccino. Ce ne vorrebbero tanti, personalizzati, e comunque non basterebbero, perché l’Hiv muta anche all’interno del singolo soggetto infettato tanto da esaurire la capacità di risposta del suo sistema immunitario” spiega Massimo Andreoni.

L’infettivologo spiega ancora che “il virus Hiv tende a integrarsi con il genoma delle nostre cellule risultando perciò meno riconoscibile e più difficile da estirpare”. A distanza di 40 anni dalla sua scoperta, oggi il virus una volta diagnosticato può essere tenuto sotto controllo, anche se sembra ancora lontana la strada per la sua totale eliminazione.

Negli Stati Uniti, da un paio di anni sono in sperimentazione “delle terapie genetiche per estirparlo dal genoma cellulare mediante delle forbici molecolari create in laboratorio” spiega ancora il direttore scientifico del Simit. Seppur con risultati soddisfacenti, le tecniche, tuttavia, risultano troppo sofisticate per essere utilizzati in una terapia di massa.

 

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