La giovane altista azzurra racconta i momenti difficili vissuti durante la sua carriera: “Ero bulimica. Dopo l’eliminazione ai Mondiali di Londra 2017 mangiai 40 fette di torta, vergognandomi come una ladra”.
La giovane atleta azzurra Alessia Trost racconta i momenti più difficili vissuti durante la sua carriera: la bulimia e una serie di lutti che l’hanno portata a valutare l’idea di abbandonare per sempre il mondo dell’atletica leggera. Oggi, la 27enne friulana si sente rinata e non vede l’ora di gareggiare alle Olimpiadi di Tokyo del prossimo anno per superare nuovamente l’asticella dei 2 metri.
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Giovanissima e con una carriera invidiabile. Alessia Trost nasce a Pordenone nel 1993 e fin da subito mostra di avere un talento precoce per il salto in alto: a soli 9 anni, nella categoria Esordienti, riusciva a saltare 1,37 metri, a 11 anni superava l’asticella posizionata oltre il metro e mezzo. Alessia investe sul suo talento, si allena tanto e duramente fino a diventare campionessa mondiale juniores e allieve, nonché campionessa europea under 23.
In totale la Trost, seppur giovanissima, ha vinto 6 titoli italiani assoluti, 15 nazionali giovanili e detiene 6 record italiani giovanili, di cui 3 outdoor ed altrettanti indoor nelle 3 principali categorie (promesse, juniores ed allieve), ed è stata una delle poche atlete italiane – insieme alla mitica Sara Simeoni, Antonietta Di Martino ed Elena Vallortigara – a superare i 2 metri.
Ma per Alessia lo sport non è stato solo soddisfazioni e vittorie ma anche una sorta di amore malato che l’ha fatta cadere in un vortice pericoloso.
In un’intervista al Corriere della Sera, l’altista azzurra ha raccontato qualche tempo fa il suo lato più fragile e tenuto nascosto ai più. A soli 19 anni salta i 2 metri che la consacrano a mito assoluto e che la portano al confronto con le più grandi atlete mondiali.
Un record sicuramente soddisfacente ma non facile da sopportare per quella giovane ragazza: “ho saltato due metri a 19 anni. Ma quel salto non fu frutto di un percorso, né di alcuna consapevolezza. I due metri, che sono le colonne d’Ercole della mia specialità, sono arrivati troppo presto. Oggi lo posso dire. Mi hanno riempito la testa di cose e non sono stati facili da digerire. I fantasmi sono diventati paure, che sono diventate insicurezze, che sono diventate alibi” racconta la Trost al quotidiano milanese.
Quelle paure e quelle insicurezze si sono accentuate nel corso del tempo, soprattutto in seguito all’infortunio del 2014 e alla scomparsa in rapida successione del suo storico coach Gianfranco Chessa e della mamma Susanna Forniz a 54 anni. Colpi durissimi arrivati proprio alla vigilia dei Mondiali di Londra 2017 dove la Trost venne eliminata perché il suo salto si fermò all’1,89 metri.
“Ero in un vortice, alimentazione inclusa. La dieta ferrea mi provocava sbalzi d’umore enormi. Ero bulimica: al Mondiale di Londra 2017 pesavo 66,7 chili, dopo l’eliminazione mangiai 40 fette di torta, vergognandomi come una ladra“.
In quell’occasione, però, nella testa di Alessia è scattata la voglia di rivalsa e di rinascita. “Ho capito che Alessia giudicava spietatamente l’atleta. Mi sono liberata dell’autismo del saltatore, dal trip di perfezione. Inizia a vivere, mi sono detta, che magari salti meglio. Mi sono perdonata, accettando di essere più morbida con me stessa e di poter fallire” spiega al Corriere della Sera.
Oggi la Trost sembra essere rinata. Nell’ottobre 2019, dopo il Mondiale a Doha dove la Trost è stata eliminata nelle qualificazioni, si è interrotto il rapporto di collaborazione con il coach Marco Tamberi. Oggi si allena duramente con Roberto Vanzillotta perché l’obiettivo è partecipare ai giochi olimpici di Tokyo 2020 – che a causa della pandemia Covid si terranno l’anno prossimo -.
“Mi sento di nuovo viva, mi si è riacceso un sogno. Sono tornata in palestra a sollevare bilancieri, Vanzillotta mi spiega che il salto è molto più naturale di come me l’hanno raccontato. Se ho superato 2 metri una volta, posso ripetermi: sento di potercela fare” ha detto al quotidiano.
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