Terremoto Irpinia, 40 anni dopo: i ritardi dello Stato, le ruberie post-sisma e quella canzone di Pino Daniele
Oggi sono quarant’anni da quel maledetto 23 novembre 1980 quando in Irpinia la terra tremò per più di un minuto, colpendo nove province e tre regioni. Oltre alla Campania, la scossa provocò danni anche in Basilicata a Puglia. Quasi tremila morti, più di novemila gli sfollati e innumerevoli i miliardi scomparsi per la ricostruzione divorati dal mortale affare della camorra cutoliana, la politica e l’imprenditoria.
Radio Alfa 102 per caso registrò tutta la scossa con il boato e i collaboratori dell’emittente che furono i primi a soccorrere i bisognosi con mezzi d’avventura come i contadini che accorsero con le zappe per scavare tra le macerie. I soccorsi dello Stato, invece, arrivarono dopo due giorni. Lo denunciò anche il capo Sandro Pertini con il suo modo di fare schietto quando era davanti alle ingiustizie.
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La capacità dell’artista deve essere anche quella di addolcire le tragedie ricordandole, per evitare che si possano dimenticare ma al contempo lasciare ai posteri qualcosa che piace rivedere, riammirare o riascoltare come nel caso di una canzone.
Così fece anche Pino Daniele. Nel 1981 uscì il quarto album del cantautore napoletano, Vai mo’. Il disco contiene canzoni più famose come Yes I Know My Way, Viento ‘e terra, Sulo pe’ parlà. L’ultima traccia si chiama È sempre sera e dura un minuto e tredici secondi, come la scossa. Quella canzone, infatti, si ispira al tragico evento.
“Chisst’anno nun se po’ scurdà, avuote ‘e gira è seme sera…” Quest’anno non si potrà dimenticare, scrisse Pino. Gira e rigira, è sempre sera. Il ricorda va a quella sera, a quel buio che entrò prepotentemente nelle vite di tanti. Ma c’è sempre addosso la voglia di fare “(è sempe ‘ncuollo a voglia ‘e dà'”), “ma je mo’ nun’ngarro cchiù a sunà”, non riesco più a sognare perché quella ferita avrebbe richiesto moltissimo tempo per rimarginarsi, se mai una vitta fosse bastata.
Come purtroppo spesso avviene nel nostro paese, quella calamità naturale fu l’occasione di arricchimenti per molti a danni dei poveri che avevano perso tutto, dai familiari alle case. Come ormai da tempo le inchieste della magistratura hanno appurato, la camorra di Raffaele Cutolo entrò prepotentemente nella ricostruzione con la complicità di politici e imprenditori.
In questo filone si inserisce il rapimento dell’assessore regionale della Campania Ciro Cirillo da parte delle Brigate rosse nella loro versione scissa del Partito Guerriglia. Un’altra vicenda dove lo Stato perse ancora la faccia perché agenti dei Servizi segreti si rivolsero al boss camorristico per liberarlo con il Br che guadagnarono un riscatto di un miliardo e 450milioni di lire.
E così mentre questi soldi e tanti altri andavano in varie direzioni, tra appalti truccati e violenze, qualcuno gonfiò le proprie tasche mentre i terremotati passarono anni e anni nei prefabbricati.
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