Il dolore per la morte del batterista dei Pooh, Stefano D’Orazio, Red Canzian ricorda l’amico: “Non si può morire così”.
“C’è solo una cosa più crudele della morte: morire in terapia intensiva”, è commosso e nello stesso tempo sconvolto Red Canzian di fronte alla morte del collega Stefano D’Orazio. In un’intervista al Corriere della Sera, racconta a cuore aperto il dramma che lui e gli altri Pooh stanno vivendo dopo la morte del loro amico e batterista. L’incubo della terapia intensiva è qualcosa che Canzian ha vissuto qualche anno fa, a causa dell’operazione al cuore: “Al risveglio, oltre a mia moglie e ai miei figli, ho visto al mio fianco Stefano che mi sorrideva dietro la mascherina. La sua sola presenza mi ha rassicurato. Io non ho potuto ricambiare la cortesia”.
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Il dramma di Red Canzian: “Vi racconto chi era Stefano D’Orazio”
Stefano D’Orazio è morto solo e gli amici non si danno pace: la causa è il Coronavirus, spiega Red Canzian, che ha ricostruito il quadro clinico dell’amico. “Soffriva di piccole infiammazioni e lo curavano col cortisone. E il Covid-19 ha trovato terreno fertile… infatti è sopraggiunta una polmonite, febbre alta, dialisi per insufficienza renale”. L’altra sera, la notizia del decesso e il dolore è fortissimo: “Io Roby e Dodi stiamo piangendo come ragazzini. Per noi è un pezzo di vita che se ne va. E poi non poterlo vedere, non sapere cosa fare. Un male terribile e bastardo che ti nega anche l’ultimo saluto”.
Il batterista viene descritto come un punto di riferimetno per la band, uno preciso e puntuale, ma anche ironico e giocoso, che “sapeva sempre cogliere il lato comico delle situazioni”. Red Canzian lo ricorda come “il contrario dello stereotipo sui romani, era preciso, puntuale”. La macchina organizzativa dei Pooh – dice ancora Canzian – “era opera sua”. Era Stefano D’Orazio il creativo del gruppo, colui che preparava i tour nel dettaglio, persona che generava entusiasmo, ma nello stesso tempo estremamente professionale.