Il comico toscano racconta in un libro la storia di dolore e riscatto di suo fratello Franco, trovato morto nel 2011.
Nel dicembre 2011 il corpo di Franco Panariello, fratello del più noto Giorgio, fu trovato senza vita verso mezzanotte in un’aiuola sulla terrazza della Repubblica di fronte al bagno Zara a Viareggio. Aveva solo 50 anni e dietro la sua morte si celano misteri e dubbi.
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Io sono mio fratello (Mondadori) uscirà in libreria il 3 novembre: è il nuovo libro del comico toscano Giorgio Panariello in cui racconta in maniera molto commovente il rapporto con suo fratello Franco, morto a soli 50 anni nel 2011. Le prime indagini parlarono di overdose, poi si scoprirà invece che dietro la morte di Franco c’era solo la vigliaccheria di chi quella sera lo ha scaricato da una macchina dopo che si era sentito male e lo ha abbandonato in attesa che la morte facesse il suo corso naturale. Il cuore di Franco smetterà di battere per ipotermia.
In un’intervista a Vanity Fair l’attore mette a nudo la sua intera vita: l’abbandono dei genitori, l’adozione da parte dei nonni e quel fratello, Franco, più piccolo di un anno, costretto a vivere in “collegio, senza incontrare affetto e attenzioni” per problemi economici.
Il desiderio da cui nasce questo libro è quello di “togliere dalla testa della gente che Franco fosse un ex tossicodipendente travolto dall’ultimo buco e far capire invece che la sua storia, una storia non troppo diversa da quella di tanti altri, sarebbe potuta capitare a chiunque” confessa Panariello.
“Volevo rendere giustizia a Franco e assumermi le mie responsabilità. Tra me e Franco la differenza l’ha fatta la fortuna. Ho avuto soltanto più culo di lui, ma Franco avrei potuto essere io. A Franco, nella vita, è mancato soprattutto l’amore”.
“Un ragazzo selvaggio. Un poeta. Uno spirito ribelle. Una persona buona. Un ossimoro vivente. Una contraddizione. Un bugiardo patologico e al tempo stesso un uomo di parola. Un generoso. Uno che se ti rubava ventimila lire dal portafogli, quindici, stia pur certo, le spendeva per offrirti da bere. Uno che l’amore di cui gli parlavo lo cercava ossessivamente: nelle ragazze, nel calcio e negli amici” dice Panariello nell’intervista.
Un ragazzo sensibile che non accettava il suo destino. Dopo il collegio Franco fu affidato ad una famiglia benestante che, tuttavia, rinunciò all’adozione dopo aver scoperto che Franco derubava in casa. Passò allora in un collegio di Siena, ma anche lì durò poco. Fu portato dai nonni materni in una frazione del comune di Montignoso e proprio qui conobbe il fratello Giorgio: “La prima volta che ho incontrato mio fratello non l’ho dimenticata, perché ancor prima di vederlo l’ho sentito. Come un’onda, una presenza, un colpo di vento. L’immagine di questo bambino ben pettinato che spuntava da un groviglio di gambe adulte e a un tratto alzava la testa svelando il suo strabismo non l’ho dimenticata. Me lo presentarono fugacemente: “Questo è tuo fratello”. Io non capivo” ha ricordato Panariello.
Al di là delle difficoltà che hanno dovuto affrontare i due, erano legati da un rapporto solido anche se strano. Giorgio cerca quel Franco che si fa vedere poche, pochissime volte: “Cercavo di capire chi fosse, cosa volesse diventare, se dietro alla sua aggressività ci fosse affetto per me”.
“Franco – continua ancora il comico – provava invidia per quello che avevo: una stabilità, una famiglia, un gruppo di amici. Tutto quello che lui in collegio non aveva potuto avere. Lo percepivo proprio come lui sentiva che ero suo fratello e doveva volermi bene. Gliene volevo anche io: ma eravamo agli antipodi. Abbiamo attraversato tante fasi, ci siamo amati, odiati e anche dimenticati l’uno dell’altro. Franco in tempi diversi è stato la mia gioia, ma anche la mia amarezza, la mia incertezza e la mia zavorra”.
L’uno era la presenza ingombrante nella vita dell’altro. Risse, dissapori, pianti, le hanno provate tutte per costruire il loro rapporto fraterno ma Franco era entrato in un mondo da cui era difficile uscire da solo. Si decise ad entrare nella comunità di San Patrignano, ci rimase per 7 anni ma quando ne uscì tornò nuovamente nel tunnel della droga. “Andammo allora nella comunità di don Mazzi e ne uscì totalmente pulito. Aveva avuto l’ultima possibilità della sua vita e l’aveva colta. Non so se fosse veramente felice, ma stava bene. Aveva voglia di vivere e aveva compreso quanto fosse meraviglioso volare con i piedi per terra” racconta ancora Giorgio.
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