Da circa un’ora si è chiusa la possibilità di esprimere il proprio voto, sul consenso o meno, circa la riduzione del numero dei parlamentari. Un disegno di legge costituzionale nato dal programma politico frutto dell’accordo tra Movimento 5 stelle e Lega all’indomani della nascita del governo Conte I nel maggio del 2018 (cd “Contratto per il governo del cambiamento”).
Vediamo nel dettaglio il contenuto e le ragioni del Sì e del No.
Il quesito
«Approvate il testo della legge costituzionale concernente “modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari” approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 240 del 12 ottobre 2019?». Questo il testo del quesito che gli elettori troveranno sulla propria scheda. Sarà sufficiente la maggioranza dei sì, a prescindere dal numero dei votanti, affinché la modifica venga promulgata. In caso di prevalenza dei no invece, gli articoli 56, 57 e 59 rimarranno invariati.
Le ragioni del Sì
I sostenitori del sì poggiano sui seguenti argomenti:
- la riduzione dei costi della politica, per un risparmio complessivo di oltre 80 milioni di euro annui;
- l’auspicata maggiore efficienza del funzionamento del parlamento, in ragione del minor numero di parlamentari.
Le ragioni del No
I sostenitori del no, ritengono che:
- i benefici invocati sulla riduzione dei costi della politica sarebbero irrisori, incidendo per pochi euro all’anno per ciascun italiano;
- il miglioramento dell’efficienza del parlamento non sarebbe un automatismo collegato al minor numero di parlamentari, quanto piuttosto una conseguenza dei meccanismi di formazione del processo legislativo che la riforma lascia invece intatti;
- la riduzione del numero dei parlamentari creerebbe invece seri pericoli in ordine alla rappresentatività del popolo in parlamento. La drastica riduzione del numero dei senatori infatti, determinerebbe la mancanza di rappresentanti provenienti dai territori più piccoli. L’Italia avrebbe un deputato ogni 151 mila abitanti e un senatore ogni 302 mila abitanti (il testo originario della Costituzione prevedeva un deputato ogni 80 mila abitanti ed un senatore ogni 200 mila), con il numero più basso di parlamentari di tutti i grandi paesi d’Europa. Il ruolo del Parlamento ne resterebbe quindi complessivamente svilito ed indebolito.
La disciplina normativa
Protagonista indiscusso di questo referendum è l’art. 138 della Costituzione. Consentendo alla popolazione di esprimersi su modifiche di notevole rilevanza quando la maggioranza parlamentare non sia tale da garantire questa rappresentatività, ha registrato – dal sito del Viminale – un’affluenza del 54,46% degli aventi diritto.
Una percentuale leggermente più bassa (52,91%) è quella rilevata alle Regionali ma calcolata solo su Campania, Liguria, Puglia e Veneto. Per quanto riguarda l’influenza al referendum costituzionale, nel 2001 si fermò al 34%. Nel 2006, quando si votò su due giorni per un referendum costituzionale, l’affluenza fu del 52,46% e vinse il No. Nel 2016, quando gli elettori furono chiamati a confermare o meno la riforma Renzi e si votò un solo giorno, l’affluenza si attestò al 65%.
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