Una brutta notizia ha scosso, nella notte, il mondo dell’economia italiana, quella della morte di Cesare Romiti, protagonista assoluto dell’economia italiana dal dopoguerra fino agli anni dieci del ventunesimo secolo. Aveva 97 anni.
Cesare Romiti era quello che un tempo veniva definito un manager a tutto tondo, capace di creare sviluppo, valore e lavoro sia in imprese pubbliche che private. Era nato a Roma, figlio di un impiegato delle Poste e di una casalinga, il 24 giugno 1923. Nonostante le difficoltà dettate dal conflitto mondiale riesce a laurearsi in Scienze Economiche e Commerciali e nel 1947 inizia a lavorare nel Gruppo Bombrini Parodi Delfino di Colleferro fino a diventarne Direttore Generale. Nel 1968 la BPD, questo l’acronimo della sua azienda, si fonde con la Snia Viscosa e Romiti assume l’incarico di Direttore Generale del nuovo soggetto economico. Anche qui “Cesarone”, il suo storico soprannome, da grande prova di se e viene chiamato, su indicazione di Enrico Cuccia, alla guida di due importanti aziende dell’IRI, l’Istituto per la Ricostruzione Industriale, l’ente pubblico con funzioni di politica industriale improvvidamente privatizzato e poi liquidato tra il 1992 e il 2002: prima in Alitalia e poi Italstat.
Nel 1974 Cesare Romiti, sempre su indicazione del suo mentore Cuccia, entra nella FIAT di Gianni Agnelli ricoprendo in successione l’incarico di Direttore Generale, di Amministratore Delegato e di Presidente. Romiti arriva in FIAT nel bel mezzo delle crisi energetica ed è protagonista di alcuni degli snodi decisivi del gruppo, dall’entrata di Gheddafi nell’azionariato, all’uscita di De Benedetti dai quadri aziendali, dall’internazionalizzazione, con la creazioni degli stabilimenti in Polonia e in Brasile, alla grande ristrutturazione dei primi anni 80 con il durissimo scontro con i Sindacati e il Partito Comunista Italiano di Enrico Berlinguer “vinto” grazie alla marcia dei quarantamila quadri voluta e organizzata in prima persona.
Nel 1998 Cesare Romiti, dopo 24 anni, lascia, da presidente, la Fiat. Ma non resta fermo. Forte di una buonuscita da 101 milioni di euro si getta a capofitto nelle ultime avventure industriali della sua vita. Dopo aver rifiutato una sontuosa offerta di Silvio Berlusconi dal 1998 al 2004 è presidente del Gruppo editoriale Rizzoli-Corriere della Sera. Dal 2005 al 2007 è presidente della società di costruzioni Impregilo mentre nel 2007 diventa presidente dell’Accademia di Belle Arti di Roma incarico che ricopre fino al 2013. Scavallati i 90 anni, Romiti, affronta l’ultima avventura economica della sua vita dando vita alla Fondazione Italia-Cina. Un think tank capace attraverso azioni di lobbying e formazione di mettere in contatto le imprese italiane con quelle della Repubblica Popolare Cinese di cui Romiti, nel frattempo, era diventato cittadino onorario.
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